Occam Razor

giovedì, novembre 30, 2006

Ma si figuri Mr.Powell, son cose che capitano


Colin Powell si aggiunge alla lunga lista di coloro che ritengono che l'Iraq sia ormai in una condizione di guerra civile.

Colin si dice anche rammaricato di aver presentato nel 2003 davanti alle Nazioni Unite le "ragioni" della guerra all'Iraq.

Tu Mi Turbi e Luddismo


Non ho visto il film di Deaglio.

Non ho un'idea precisa su quanto sia accaduto durante le elezioni di Aprile. Ho letto tante cose in giro, ho la netta sensazione che qualcosa di strano sia successo ma di più non saprei dire.

Una cosa però la voglio dire:

Comunque la si pensi su questa questione, è incredibile che un giornalista che fa un'inchiesta su dei possibili brogli elettorali venga indagato per «diffusione di notizie false, esagerate e tendenziose atte a turbare l'ordine pubblico» mentre nulla accadde a Berlusconi quando si disse certo dell'esistenza di brogli a pochissime ore dalla comunicazione dei risultati.

E di una cosa mi rallegro:

E' un bene che sia stato messo al bando il voto elettronico.
Certo, l'elettronica sa di moderno, fa pensare al futuro ma considerate questo:

è più facile che vi rubino i soldi mentre comprate la frutta al mercato o mentre comprate un DVD su ebay con la carta di credito ?

è più facile che intercettino il vostro cellulare o i pizzini di Provenzano ?

mercoledì, novembre 29, 2006

Oppression

Ho letto una cosa sul blog di Matteo Bordone e volevo inviargli un mio commento.
Siccome non riesco a postare la mia replica sul suo blog, lo faccio qui:

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Ciao Bordone, ritengo che nella tua critica tu non tenga conto di un fattore fondamentale che non ha nulla a che vedere col politically correct.

Provo a spiegarmi:

Gli sforzi per cambiare la società verso un modello che contempli un livello sempre minore di oppressione passano in primo luogo per le coscienze degli esseri umani e per il loro grado di consapevolezza dello stato di discriminazione in cui si trovano.

Se, ad esempio, penso a mia nonna che è nata nel 1913 penso ad un periodo storico in cui le condizioni di subalternità della donna nei confronti dell’uomo erano decisamente più oppressive di quelle di oggi eppure certi comportamenti in casa o nel lavoro sembravano assolutamente normali a mia nonna mentre oggi, qualunque donna occidentale, li percepirebbe immediatamente come discriminatori.

Immagina di possedere una macchina del tempo e di portare una donna di oggi indietro anche solo di cento anni, immaginala parlare con le donne di allora dell’emancipazione femminile, non credi che la guarderebbero come si guarda un marziano ?

Il processo che ha portato ha cambiare lo stato delle cose è stato lento, fatto di interazione tra le persone, di piccoli passi verso la consapevolezza, di riconoscimenti reciproci e di quotidiane, spesso dolorose, conquiste.Non è stato imposto dall’alto, non è piovuto dal cielo con un astronave.

Per liberarsi dall’oppressione bisogna in primo luogo cominciare a percepire la presenza delle sbarre invisibili che impediscono sia alla vittima che all’oppressore di riconoscersi come tali.

Nel caso del’interazione tra le culture, l’aspetto che tu mi sembri trascurare, è quello relativo all’orologio della storia che si è mosso in modo diverso in zone diverse del mondo.

Kabul senza i talebani non è diventata Stoccolma. La maggior parte delle donne in quel paese indossava il burka prima e lo indossa ancora adesso con Karzai.

Non voglio dire che il burka possa essere per qualcuno una cosa buona e per qualcun altro una cosa cattiva, il burka è oggettivamente una cazzata così come lo è l’infibulazione, la segregazione razziale , o le discriminazioni sulla base dell’orientamento sessuale promosse dalle chiese cristiane in occidente voglio semplicemente dire che è giusto che siano le donne afgane a decidere come, quando e se liberarsi dai loro gioghi. Queste non sono battaglie che si possono fare per conto terzi.

Si può pensare che delle società in cui il livello di discriminazione degli individui sia più basso di altre possano fungere da modelli ispiratori per altre, possano accellerare il processo di consapevolezza in altre culture diffondensi come un meme, ma la diffusione del meme implica una trasformazione, una rielaborazione ad ogni passaggio.

Se le conquiste dei diritti vengono imposte da fuori non saranno mai un processo di evoluzione armonico agli usi e ai costumi della singola comunità , saranno interpretati come coercitivi sia dalle vittime che dagli oppressori.

Perchè ad esempio gli svedesi non abbandonano le loro battaglie di avanguardia e non vengono in Italia ad insegnarci la parità dei sessi e la libertà della ricerca scientifica ? Perchè i Francesi non non ci liberano dall’ingerenza della chiesa cattolica e ci insegnano come si costruisce un vero stato laico (posto che quello francese sia il modello ideale di stato laico, io ad esempio non ne sono convinto) ?

Perchè non andiamo a liberare le donne giapponesi dalla loro condizione di gheishe ?(il caso del Giappone poi è emblematico perchè dimostra come non sia sufficiente il solo sviluppo tecnologico ed economico a promuovere l’evoluzione nella direzione della parità tra gli individui)

Diverso è il discorso sulle comunià di stranieri all’interno dei vari paesi, ma tu sembri mettere assieme le due cose.

Ogni singolo paese ha le sue leggi tarate secondo la propria sensibilità e la propria cultura, le comunità straniere che le abitano si devono adeguare a quelle leggi, punto e basta.

E questo vale per tutti, se una donna va in paese in cui non si può andare in topless in spiaggia o in cui bisogna indossare il velo, dovrà rispettare quella legge, se qualcuno pratica l’infibulazione in Italia avrà tempo di riflettere su quello che ha fatto nella sua cella perchè dalle nostre parti sarà condannato giustamente per lesioni aggravate.

Io però voglio continuare a battermi in primo luogo per l’oppressione della cominità degli uomini più prossima a me fiducioso di appartenere ad un’unica specie animale e fiducioso del fatto che le se le battaglie della mia comunità avranno successo potranno un giorno costituire un esempio benigno e servire anche ad altri uomini che decideranno quando e come impiegarle nel loro particolare contesto, conservando la loro diversità culturale.

Diversamente rischiamo davvero di sentirci superiori nel senso deteriore del termine e daremo ossigeno a quel sentimento che contribuisce oggi a far credere a tanta gente che la guerra in Irak sia una lotta per la democrazia .

Continueremo a dar modo ai prepotenti di giocare, dall’alto della nostra supposta superiorità, con la pelle degli altri come faceva l’Inghilterra coloniale tracciando mappe nel deserto tra comunità di uomini che invece erano organizzate secondo sistemi tribali.

Disegnando confini e stati che quei popoli non riconoscono per poi far cadere dall’alto uguaglianza, democrazia e diritti umani sotto forma di bombe.

La chiave di ogni uomo è il suo pensiero. Benché egli possa apparire saldo e autonomo, ha un criterio cui obbedisce, che è l'idea in base alla quale classifica tutte le cose. Può essere cambiato solo mostrandogli una nuova idea che sovrasti la sua — Ralph Waldo Emerson

martedì, novembre 28, 2006

Matrioshka, матрёшка

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Sul blog del più tragicamente comico dei Guzzanti, il Senatore Paolo (autore,tra l'altro, di questo "bel componimento") gli ultimi post sono dedicati ad una complicata storia di servizi segreti e di spie del kgb che sembrano suggerire una romanzesca trama in cui il dossier Mitrokin e Romano Prodi paiono essere in qualche modo connessi al brutale omicidio di Alexander Litvinenko a Londra.

Prima ancora che dai suoi compagni di coalizione, che evidentemente non sembrano credere alle tesi del Guzzanti o preferiscono non rovinare la digestione all'amico Putin, il Senatore riceve la solidarietà del capogruppo alla camera dell'Italia dei Valori, Massimo Donadi, per i rischi che Guzzanti sostiene di correre in quanto ex presidente della Commissione Mitrokhin.

Donadi, per conto del partito di Di Pietro, scrive questo a Guzzanti:


Esprimiamo la nostra solidarietà al Senatore Paolo Guzzanti e auspichiamo che le autorità competenti non trascurino nulla per tutelare la sua incolumità.Il Sen. Guzzanti deve poter continuare la sua opera oltre che di politico, di opinionista critico e corrosivo, come oggi fa dalle pagine del ‘Giornale’ della famiglia Berlusconi con serenità.

A Guzzanti chiediamo soltanto tuttavia, di sciogliere una contraddizione profonda. Se infatti fosse vero, come la larga parte di opinione pubblica e come lui stesso pare affermare, che dietro quest’ultima serie di omicidi politici ci possa essere l’ombra lunga del Cremlino, come può conciliare queste convinzioni con l’adesione ad un partito politico e il sostegno al suo leader che da presidente del Consiglio ha fatto delle sue relazioni personali con l’amico Putin un proprio presunto fiore all’occhiello politico, con tanto di scambio di ospitalità nelle rispettive dacie in Russia e Sardegna.

Forse tanto Guzzanti, lo stesso Berlusconi e l’intero centrodestra farebbero bene a rivedere il proprio incondizionato sostegno verso un Paese e il suo presidente che di certo non sono campioni di democrazia e di rispetto dei diritti umani. Probabilmente in Italia in questi anni di politica solo guerreggiata la coerenza per qualcuno è un prezzo troppo alto da pagare.


Ora, lasciando da parte la storia del dossier Mitrokin, la brutalità del regime di Putin è sotto gli occhi di tutti e credo che Donadi abbia fatto benissimo a ricordare a Guzzanti qual'era e qual'è, la posizione del "Partito Azienda", di cui Guzzanti fa parte, su questo tema.

Io ho ancora in mente le parole di Berlusconi che difendeva l'amico Putin e la sua guerra in Cecenia dalla solita aggressione della stampa di sinistra (di cui evidentemente anche la giornalista assassinata a Mosca, Anna Politkvoskaia, faceva parte).

A me Putin fa venire nostalgia di Yeltsin il quale a sua volta mi faceva venire nostalgia di Gorbachev.

E qui mi fermo.

Ho paura che, se proseguissi, finirei con Rasputin.

lunedì, novembre 27, 2006

Antiamericano ?

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Un commento ad un mio post precedente mi da l'occasione di dire alcune cose circa la questione dell'antiamericanismo di cui spesso mi si accusa:

Anonymous said...

Bisogna intendersi, siamo tutti d'accordo (anche Ferrara) sul fatto che il voto anti-Bush sia per l'Iraq: voi dite che gli Americani hanno capito che la guerra in Iraq sia stata un errore, io penso che gli Americani tutti (lib e non) hanno voluto la guerra ora sono incazzati di non averla vinta e vogliono mandare a casa i responsabili incompetenti... fosse così anche da noi non ci sarebbero case vuote, chi sbaglia paga!


Ciao Anonimo/a, non sono daccordo,

Ferrara e gli altri ci tengono molto a far passare l'idea che qualunque inversione di tendenza dell'elettorato americano non possa essere interpretata come una sconfessione da parte del popolo americano della dottrina della guerra preventiva e del cambio di regime.

L'argomento principale che loro oppongono a chi non condivide le politiche neocon è proprio quello dell'antiamericanismo, se ammettesero onestamente che anche il popolo americano non si fida più della "guerra la terrorismo" di Bush verrebbe meno la loro principale arma di propaganda.Dovrebbero cominciare a bollare come antiamericani anche la maggior parte degli americani (così come ha fatto Bush fino a ieri).

Sanno benissimo Ferrara e gli altri che se legittimano l'opinione di coloro che avversano le politiche neocon, smettendo di squalificarli con una scrollata di spalle definendoli antiamericanisti-anarco-insurrezionalisti-catto-comunisti-pacifinti e quant'altro, la discussione si sposterebbe sul terreno delle vere motivazioni di questa guerra e quello è un campo in cui le loro argomentazioni sono fragili quanto un matrimonio di Britney Spears.

Aggiungo anche che gli americani non hanno voluto la guerra come dici tu, gli americani erano spaventati a morte dalla tragedia degli attacchi alle torri e al pentagono. Un evento senza precedenti.

Per dirla con Noam Chomsky: "per la prima volta il popolo americano è stato vittima di una atrocità criminale di portata simile a quelle che i loro governi hanno costantemente compiuto contro altri popoli".

Gli americani(la maggioranza direi ma non tutti, perchè non nego che ci siano anche tanti guerrafondai) non hanno voluto la guerra ma semplicemente, in stato di shock, spaventati a morte, si sono fidati del leader in office in quel momento e, credendo nella sua buona fede, gli hanno concesso carta bianca.

Bush, per conto suo, si è comportato come il più vigliacco e senza scrupoli dei terroristi e ha utilizzato quel sentimento per portare avanti la sua agenda di dominio globale in politica estera e il progetto di controllo della popolazione domestico(potrei parlarti per ore dei danni alle libertà civili del PATRIOT act e dell'eliminazione dell'Habeas Corpus dalla carta costituzionale).

Si è dimostrato, in pratica, "il caro leader", il più abile dei dirottatori.

Hai ragione quando dici che le cose sarebbero andate diversamente se davvero, come dicevano i neocon, l'esercito americano avesse vinto questa guerra in un lampo di hitleriana memoria.

Se, come diceva Dick Cheney "we will, in fact, be greeted as liberators" non saremmo qui adesso a discuterne e l'Iraq sarebbe finito nel dimenticatoio come una Grenada qualunque.

Solo che, come era logico prevedere, le cose sono andate diversamente e gli americani hanno avuto il tempo per riflettere e rendersi conto che erano stati presi per il culo e che la guerra in Iraq non solo non centrava nulla col terrorismo ma anzi ha peggiorato le cose, per loro e per il resto del mondo, in modo praticamente irreparabile.

Goodnight and goodluck

venerdì, novembre 24, 2006

I scream, you scream, we all scream for ice cream!

Il matematico impertinente dice una cosa molto sensata circa la corsa al centro dei due poli.



Chissà cosa ne pensano quel gelataio di Follini, il Pier Ferdy, compare Mastella, Don Francesco Rutelli e tutti gli altri; che se mi metto a citarli tutti entro nel Guinness dei primati per il post più lungo di tutti i tempi.

Not That Funny

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Sono andato a vedere Borat.

Non mi è piaciuto. Borat era un milione di volte più divertente quanto era parte dell'Ali G Show.

Il Borat di questo spin-off cinematografico è provocatorio in modo troppo palese e poi tante scene sono evidentemente costruite ad arte con la complicità delle finte vittime.

Quattro esempi: la gag antisemita a casa della coppia di anziani ebrei, la scena con la donna "zingara", i bambini che corrono verso il furgone dei gelati con l'orso e il finale con Pamela Andersson.

Il Borat dell'Ali-G che mi faceva ridere anni fa su channel four era un'altra cosa; i poveretti che lui intervistava alla fine rimanevano intontiti come uno che non ha ben capito quale treno l'abbia appena investito.

Borat al cinema è tarato per una audience più ampia, è in tanti casi inutilmente eccessivo e ha perso quasi tutto il suo british-jewish humor originario.

Aggiungo anche che questo non è un film che sopravviverà al doppiaggio in italiano e in ogno caso il successo al botteghino della pellicola coincide con la fine del personaggio Borat la cui autentica comicità era basata sull'effetto sorpresa (oltre ovviamente al talento di Sacha Baron Cohen) che muore con la sovraesposizione mediatica del film.

Ma d'altra parte come diceva il grande Frank Zappa tanti anni fa:"We're Only In It For The Money"

Un consiglio: non perdete tempo e denaro a vedere il film, gustatevi il vecchio Borat su You Tube, quello si che era geniale.

Chiudo con una osservazione: finisco per non essere daccordo con Christian Fonzie anche quando parla di cinema.

Jagzhemash !

mercoledì, novembre 22, 2006

Trifola a New York


Da buon italiano arrivo alla dogana dell'aereoporto di Newark con in valigia un tartufo bianco, svariate prelibatezze suine affettate e qualche fiala di buon vino per l'amico Marco.

In tanti anni non mi era mai capitato di essere fermato per un controllo doganale. Questa volta un solerte addetto mi ferma e mi domanda se porto con me prodotti alimentari.

Io adotto il metodo Stanislavskij, mi autoiconvinco di non avere nulla del genere e ripsondo di no. Il tipo evidentemente ha le antenne più aguzze di un poligrafo e mi indica la direzione dell'Agriculture and Food Custom Inspection.

Mi corre un bridivo su per la schiena come non mi capitava dai tempi delle interrogazioni di matematica al liceo.

La mia valigia scivola lenta lungo un nastro trasportatore diretta verso una grande macchina ai raggi ics che si appresta ad inghiottirla svelando il mio goloso inganno.

Sono istanti interminabili, già mi figuro a Guantanamo con indosso una tuta arancione.

Sto seriamente considerando di costituirmi prima che la macchina mi sputtani e invece nulla, o il tartufo annulla i raggi x come la kriptonite con superman oppure l'operatore è cieco come il moviolista di Biscardi dopo una telefonata di Moggi.

Recupero il mio bagaglio, mi asciugo la fronte imperlata, esco dall'aereoporto e sono nel New Jersey.Mi fumo due sigarette una dopo l'altra e prendo un taxi.

Giorni dopo me la sono gustata quella pepita d'oro bianco piemontese assieme al Capozzi (che ho avuto il piacere di conoscere grazie a Marco) nel bell'appartamento a Battery Park City di Candida Royalle.

Avevano un meraviglioso sapore di proibito quelle tagliatelle.

Il curioso destino di due ex amici


Uno è finito decapitato prima che l'altro finisse impiccato.



mercoledì, novembre 08, 2006

Distante il battito di due cuori

Non credete alle parole dei vari Giuliano Ferrara, dei Cristian Rocca e dei neocon de noiartri che oggi si affannano a raccontarvi che la vittoria dei democratici di ieri non è la sconfitta della politica di Bush in Iraq.

Non credetegli quando vi raccontano che per vincere queste elezioni il parito democratico si è dovuto trasformare in un partito repubblicano semplicemente un pò più sfumato. Non dategli retta quando vi ingannano dicendo che queste elezioni sono state vinte dal partito dell'asinello per via di una serie di problematiche locali. Non prestategli orecchio quando vi raccontano dell'importanza determinante degli scandali sessuali e dei casi di corruzione.

Hanno ragione quando dicono che negli stati della bible belt del sud, popolati di fondamentalisti evangelici e di red neck, i democratici hanno presentato candidati conservatori ma si dimenticano di dirvi che lo hanno fatto per non cadere di nuovo nella trappola dello stratega repubblicano Carl Rove che già la volta scorsa li aveva fregati puntando sui temi delle tre G (God,Gays and Guns).Non vi dicono, i neocon italiani, che i democratici eletti ieri in quelle roccaforti repubblicane sono si molto poco liberal su quei temi ma tuttti, senza eccezione, hanno affermato con forza la loro avversione alla politica di Bush in Iraq.
(l'unico "democratico" favorevole alla guerra eletto ieri nel Connecticut è l'ex candidato alla vicepresidenza Joe Lieberman che dopo aver perso le primarie dal signor nessuno Ned Lamont proprio sul tema dell'Iraq, si è presentato come indipendente e ha vinto con i voti e i SOLDI dei repubblicani)

Non vi raccontano i neocon del belpaese quello che succedeva dall'altra parte, nel Grand Old Party repubblicano prima di questa elezione. Si dimenticano, i neoconi, di menzionarvi la gara che c'era tra i canditati del partito dell'elefante a smarcarsi da Bush, ad evitarlo come la peste.E quelli rieletti ieri sono stati i più efficaci a prendere le distanze da George Dubya. Non credetegli quando vi raccontano, gonfiandosi il petto, del repubblicano Arnold Schwarzenegger, rieletto in California, ma non vi citano questa battuta del culturista: "I'm as close to Bush as to the Academy Award" ("sono vicino a Bush quanto agli Oscar").

Credete a me, Bush ha perso per colpa dell'Iraq.

Ieri vi dicevo che secondo me ormai la frittata è fatta e che il punto di non ritorno è stato sorpassato. Sono ancora di questo avviso purtroppo, credo che quei criminali assassini dei neocon abbiano già premuto il detonatore dello scontro e che il futuro non ci riservi nulla di buono.

Oggi però mi godo la sconfitta di Bush e la grande vittoria di una donna meravigliosa:la prossima speaker della camera, la liberal Nancy Pelosi.

Quella che i neocon di casa nostra vi raccontavano essersi nascosta prima delle elezioni per non spaventare l'elettorato conservatore americano e che invece proprio una settimana prima della consultazione compariva sulla più famosa e seguita trasmissione di inchieste americana e cioè 60 minutes.

Oggi la sessantaseienne Nancy Pelosi , la più agguerrita e feroce critica di Bush, è seconda in linea di successione, distante il battito di due cuori dalla Presidenza degli Stati Uniti.

Vi confesso che domani me ne torno a New York con lo spirito più sereno.
See ya.



Empire Of Dirt


Sono molti e diversi i motivi per cui, per tanto tempo, non ho più scritto nulla. Alcune di queste ragioni sono troppo personali perchè io le possa raccontare, altre sono sconosciute anche a me.

Un motivo invece ce l'ho ben presente e lo voglio condividere:

La retorica dei sostenitori di Bush e l'apologia del pensiero fallaciano nei giorni dell'anniversario dell'undici settembre americano mi aveva dato il voltastomaco.Mi aveva riempito di rabbia e seccato la tastiera.

Oggi ci sono le elezioni di mid term e appena finisco di scrivere questo post mi spalmo sul divano a vedere gli exit polls sulla Fox "fair and balanced", my ass[ndr]. Se anche le cose dovessero andare come suggeriscono i sondaggi io sono convinto che ormai sia troppo tardi e che la probabile vittoria di questi pavidi democratici non possa significare gran che.Secondo me, non solo il "Point of no Return" è già stato scavalcato, ma ci hanno cagato sopra e all'orizzonte vedo solo un mare di sangue.

Intanto giovedì volo a New York e questa mi sembra l'occasione migliore per riportare sul mio blog la cosa più bella e vera che io abbia mai letto su quella città.

Io a New York ho trascorso alcuni dei momenti più vivi e intensi della mia vita e non avrei saputo raccontarla meglio del pornologo Michele Capozzi.

Il mio ultimo post è datato 11 Settembre e il pezzo di Capozzi mi pare perfetto anche in riferimento a quell'evento:

Caro amico, a cinque anni dalla tragedia, mi è venuta voglia di condividere con te ricordi e considerazioni.

Le torri gemelle ? “ Una sfida a Dio che non comprendiamo.” Una coppia non piu’ giovane, cattolica, di Bergamo, pronunciò questa frase mentre era sul ferry che li riportava a Manhattan e tutta la Downtown di specchi, acciaio e mattoni, splendeva nella luce arancione del tramonto. Venti anni fa e più, quando la mia esplorazione urbana diurna finiva con questo drammatico ed indimenticabile crescendo, dopo il ponte di Verazzano e le ville di Staten Island. Sul traghetto, non più in macchina con io che guidavo e pontificavo, si faceva gruppo e si scatenavano le parole dopo l’ubriacatura di colori, odori, suoni facce, scorci,. Chissà se la coppia era di fronte alla televisione quel martedì di settembre, chissà se ricordavano lo stato d’animo di tanti anni prima… Io ero di fronte alla televisione, a un chilometro dal rogo, e parlavo con mio nipote Roberto a Genova, a migliaia di chilometri, proprio nel momento in cui la prima torre crollava.

Forse i vecchietti, come miliardi di altri essere umani, erano davanti alla TV ad ammirare inorriditi la tragedia della Storia vissuta in contemporanea, in diretta, ‘live’, mentre succede … indimenticabile … un vero capolavoro. Che ha generato i suoi miti, i suoi eroi, le sue vittime. Le vittime di cui non dobbiamo dimenticarci sono i sopravvissuti. Quelli che hanno dovuto chiudere le loro attività, i pompieri, i poliziotti e i volontari che soffrono per i postumi di quell’atmosfera di fiamme, fumo ed esalazioni pericolose. Per tutti l’amico Fausto, quello che mi ha svegliato poco prima delle nove, che abitava lì vicino, in Gold Street, che ha visto coi suoi occhi una torre crollare, che e’ stato volontario in ospedale, che ha visto crollare, con le torri, anche I suoi introiti come guida turistica. Non è facile per un over 70 , anche se in gran forma, trovare lavoro. Fausto è ritornato nella nativa Liguria per una pausa di riflessione. Gli eroi di cui dobbiamo parlare non sono solo pompieri, poliziotti, soldati, volontari, protagonisti di film e libri, ma anche coloro che hanno veramente tratto vantaggio dalla tragedia. Un interessante elenco viene fatto da un opinionista del New York Times, Clyde Haberman, che ironizza senza mezzi termini sulla fortuna che ha baciato in fronte quattro personaggi che sono diventati, appunto, “eroi” sulle macerie di Ground Zero. L’ allora sindaco Rudolph W. Giuliani, e l’attuale Governatore dello Stato di New York, George E. Pataki, che pensano seriamente alla Casa Bianca; l’allora Capo della Polizia Bernard B. Kerik , ora richiestissimo esperto della sicurezza; Richard A. Grasso, l’allora Presidente della Borsa di New York, che ha chiesto 5 milioni di dollari come bonus per avere riaperto la Borsa in pochi giorni, oltre ai 26 milioni di stipendio e ai 150 di liquidazione chiesti al momento del suo pensionamento. E’ in corso un’inchiesta ufficiale. Oltre naturalmente al Presidente George W. Bush e ai suoi alleati e consiglieri, aiutati dall’attacco alle Torri Gemelle ad accelerare la loro politica estera.

A proposito di miti, ricordo ancora con orrore l’inizio di una corrispondenza di un rispettatissimo scrittore-giornalista che diceva che finalmente, grazie al crollo delle torri, anche i tassisti di New York erano diventati gentili. Sono ancora sbalordito che il rispettatissimo personaggio non abbia mai incontrato un tassinaro cortese e che non abbia mai provato, con una battuta, uno scherzo o una risata, a rompere la patina di freddezza ed entrare in contatto con la simpatia di questi duri lavoratori. Infatti portinai, venditori di strada, cassieri, camerieri, tassisti, uomini o donne, sono prontissimi ad essere divertenti, sarcastici, allegri. Solo aspettano che sia l’altro ad aprirsi.

L'altra sera ero a un party, in una terrazza del Greenwich Village, molto giovane, molto etnico – 14 nazionalità su 18 persone – e ho chiesto dove erano cinque anni fa, quel giorno … Solo un 40enne colombiano era a New York, a riprova di quanto ho sempre sostenuto: ogni 5 anni c’è un cambio di ciclo, sia nella popolazione giovanile e scolasticamente educata, che nelle periferie etniche attratte da lavori poco pagati ma in cui non è necessaria esperienza nè legale documentazione. Una grande percentuale di questo gruppo “migratorio” ricorda gli eventi di quel giorno come immagini trasmesse dai canali televisivi della città e della nazione nella quale si trovavano. I nuiorchesi diventati gentili e comprensivi …?

Provate a chiederlo a Stefano Villa, milanese e milanista, molti viaggi in argentina e un passato di copywriter, che con il socio Fernando apre nel 1991, con successo, il ristorante “900” in West Broadway . Nella estate del 2001 firma il contratto di affitto per i secondi10 anni. Da 8.000 dollari al mese a 18.000, dopo una lunga trattativa partita da una richiesta di 25.000. Nello stesso periodo i due trovano i locali adatti per un altro ristorante, nella Lower East Side, area in forte espansione. Scoppia il casino delle Torri e il primo proprietario se ne frega di essere gentile e comprensivo, anzi si augura di cacciare Stefano e Fernando perché sa che qualche griffe di moda è disponibile a spendere più dei 18.000 che i due faticano a pagare. Mentre il secondo proprietario è paziente. Per salvare “900” sono costretti ad iniziare una istanza di fallimento, il “capitolo 11”, con un solo creditore, il padrone dei locali appunto. Riescono ad aprire “Azul” e stringono i denti e la cinghia. Nel 2004 mettono le mani su un locale a Greenwich, a cinquecento metri da Ground Zero; il padrone di casa, questa volta, non è cosi attento ai valori di mercato della zona e si accontenta di un affitto basso, per poi pentirsene e sperare che i due non riescano ad aprire. Nel 2005 nasce “Industria Argentina”. I tre ristoranti sono tutti Downtown, non lontano da Ground Zero e la storia di Stefano è interessante perché rivela un cambiamento, nel “clima”, nei rapporti. “New York è cambiata in peggio, purtroppo. Sono diventati più aggressivi, cercano di fregarti, vivono più alla giornata. Privati e istituzioni pubbliche.

Mi fa tristezza vedere come la città stia andando in una direzione che non mi piace.” Provate a chiederlo a Edwin Butler, un nero alto e grosso, appena andato in pensione dopo 30 anni come poliziotto nel “Social Affair” del Commissariato 41, nel mezzo del South Bronx. Quello reso famoso come Forte Apache dal film con Paul Newman. Un osservatorio del mondo e di New York assolutamente realistico. “Manhattan è diventata una città bianca, finta, fasulla, il regno del “bull shit” –letteralmente merda di toro-. E’ bastata una stronzata come due torri crollate, un paio di palazzi demoliti e 3000 morti - cosa volete che siano, ma non leggono i giornali … – per mandare in tilt questa efficiente metropoli …! In realtà sono tutti lì a tentare di succhiare più soldi possibile….

Dopo cinque anni stanno ancora discutendo cosa fare di Ground Zero. Costruire cosa …? Ci sono milioni di metri quadri sfitti lì intorno, hanno rifiutato di affittare ai cinesi cinque piani del World Trade Center Seven, mentre costruiscono come matti in altre zone della grande New York. Un gigantesco parco verde per bambini che giocano, ecco cosa devono fare ….”. In realtà la New York fine anni ’70, primi ’80, quella che ho conosciuto e amato io quando sono arrivato, è morta ben prima dell’undici settembre. Il primo colpo glielo ha dato Rudy Giuliani che ha pensato bene di ripulirla con sistemi aggressivi, lesivi anche delle libertà civili. La teoria della finestra rotta, poliziotti che sparano, quartieri di Manhattan e dei vari “borough” liberati dalla “teppaglia” formata da artisti, giovani immigrati, etnie non gradite. Tutto per renderla appetibile alle corporation, a Starbucks, alla gentrificazione, ai soldi dei vecchi e nuovi ricchi del mondo, perché tutti vogliono avere un “pied à terre” nella Grande Mela. Le malefatte della sua amministrazione cominciano ad arrivare adesso al “mainstream” media. Nel frattempo l’immigrazione di razze ed etnie diverse in tutte le città europee e nordamericane ha creato una multiculturalità viva e partecipe in ogni agglomerato urbano occidentale.

Oggi puoi mangiare falafel, ascoltare una samba brasiliana o sentire le litanie dei mussulmani a Lione, come a Stoccarda o Detroit. Il centro storico di Genova, oggi è molto più colorato e interessante della maggior parte di Manhattan. New York ha perso l’esclusiva. L’ altra grande rivoluzione è lo sviluppo di Internet . Non hai più bisogno di spendere 2000 dollari al mese per affittare un buco a Manhattan, senza vista e senza bidet, per essere “connected” e partecipare ad una “conference call” o sentirti al centro del mondo. Parecchi mesi fa parlavo con un amico del mondo dei travestiti e gli passavo informazioni su locali e feste che io avevo raccolto alla vecchia maniera, cioè con il passaparola, “word of mouth”, utilizzando conoscenze ed agganci coltivati negli anni: lui sapeva già tutto, senza essersi allontanato dal suo computer, comodamente sistemato in salotto. Semplicemente cliccando su qualche sito “She-male” o “Trannie”. Non esiste più il vecchio “underground” fatto di rapporti diretti, ma un nuovo “interground”, costruito attraverso anonimi messaggi email veicolati dalla Rete. Appena arrivato a New York, 28 anni fa, scrissi un articolo dal titolo “Rebuilding New York”, ricostruire New York.

I primi due paragrafi del testo potrei copiarli oggi. Manhattan, da Harlem alla Lower East Side, Queens, Brooklyn e il Bronx sono dei cantieri dove si compie la tragedia e la battaglia di sempre. Vecchi agglomerati urbani con fascino, carattere, storia, buttati via per fare spazio a shopping mall e nuovi arrivati. Trastevere e il Mattatoio a Roma, Brera e l’Isola a Milano, Garzano e Sottoripa a Genova. La storia si ripete. Ma a New York riescono a fare di più: il micidiale cocktail di media e “real estate” inventa nuovi nomi. Chi si ricorda che SoHo significa South of Houston … Tribeca, TRIangle BElow Canal … Dumbo, Down Under Manhattan Bridge Overpass? L’ ultimo? SoBro, South Bronx …! Il mitico e pericoloso South Bronx!

Nel bene e nel male la città è in perpetua ebollizione, meta di visitatori e sogno di nuovi immigrati. Con un grande bonus: ognuno si può costruire la Sua New York. E il 9/11 ..? Il New York Magazine ha appena pubblicato un’inchiesta: “E se non fosse successo?”. Ma è successo, ed è entrato nella coscienza collettiva mondiale. Non riguarda solo i cittadini di New York, riguarda tutti noi che eravamo attaccati al televisore: i vecchietti di Bergamo, mio nipote e il sottoscritto …. La vita continua, e per fortuna anche la Grande Mela, a cui ognuno può dare il morso che vuole


Tratto dal sito: il delta di venere